Ricostruzione mammaria


post mastectomia parziale/radicale
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La chirurgia oncologica negli ultimi anni è diventata sempre più raffinata, meno demolitiva, associata a trattamenti più mirati di radioterapia e chemioterapia.
La terapia conservativa in chirurgia oncologica della mammella ha portato benefici anche sulle tecniche di ricostruzione mammaria.
La chirurgia plastica ha messo a punto al tempo stesso tecniche ricostruttive sempre più raffinate tali che la donna può perfettamente reintegrarsi nella società dimenticando i problemi mutilanti che la chirurgia oncologica demolitiva lasciava alcuni decenni orsono.

L’intervento di ricostruzione può richiedere 2-3 step chirurgici a seconda dell’approccio oncologico effettuato, e precisamente:

  • si ridà un volume alla mammella

  • si ricostruisce il complesso areola capezzolo (se  precedentemente asportato) e/o si adegua il volume della mammella contro laterale


La ricostruzione può essere effettuata contestualmente alla mastectomia (immediata) o in un secondo tempo (differita)
La ricostruzione mammaria si può effettuare con materiali alloplastici (protesi) o con tessuto autologo.

Nel primo caso si utilizzano espansori tissutali (skin exspander) se ci troviamo d fronte ad una gran perdita di volume mammario, posizionati sotto il muscolo gran pettorale residuo o il muscolo gran dorsale ruotato nel caso di pz sottoposta a radioterapia.
A questo seguirà, una volta aumentato progressivamente nei due-quattro mesi post operatori, raggiungendo così il volume desiderato dell’espansore, la sua rimozione per permettere l’alloggiamento della protesi defnitiva.
Nei casi in cui la paziente o non vuole l’utilizzo di materiale protesico o non è possibile per la presenza di tessuto danneggiato da esiti di radiodermite (tessuto anelastico, bruciato), si utilizza del tessuto autologo prelevato da altri distretti del corpo.
Si tratta in genere di grossi lembi mio-cutanei  che grazie a tecniche di microchirurgia vengono trasferiti realizzando un anastomosi con lo specifico peduncolo vascolare del lembo ed i vasi del distretto mammario ricevente.
Il lembo mio cutaneo per eccellenza utilizzato in questi casi è il TRAM (lembo mio cutaneo trasverso di retto addominale). Questo intervento molto impegnativo sia chirurgicamente che per il recupero della paziente comunque può lasciare dei postumi come indebolimento dell’area di prelievo (tipo ernie addominali) e cicatrici molto vistose in sede di prelievo del lembo.

Una tecnica innovativa di recente acquisizione, quando ci troviamo di fronte a delle asportazioni di mammella parziale (come una tumorectomia, uno spicchio di ghiandola) è la tecnica della lipostruttura: dallo stesso paziente si preleva una quantità di tessuto adiposo (es dai fianchi, dall’addome, dalle coscie, etc..) e si separa con centrifugazione la parte sierosa da quella cellulare.
Rimane così solo il tessuto adiposo, la cui caratteristica è quella di contenere un’elevata quantità di cellule staminali.
Lo si inietta con degli aghi nei distretti della mammella mancante e si reintegra così il volume deficitario.

E’ un intervento poco invasivo ed il tessuto adiposo è stabile nel tempo.  
L’ultima fase è rappresentata dalla ricostruzione del complesso areola capezzolo.

Si esegue quando si ritiene conclusa la fase di ricostruzione volumetrica mammaria.
Si possono utilizzare dei lembi locali, l’areola e capezzolo contro laterale, la mucosa delle grandi labbra, la cute inguinale, e in alcuni casi si ricorre anche alla tecnica del tatuaggio medico con cromia ed aspetto dell’areola e capezzolo contro laterali.

 

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